Davide De Luca.

Le esplorazioni cromatiche di un libero artista.
A cura di Giorgio Barassi.

Esplorare.
È il verbo adatto che è radice e motivo del lavoro di Davide De Luca. Una esplorazione libera, senza i limiti che inevitabilmente certe tecniche possono dare, al di fuori dai temi convenzionali e soprattutto con la consapevolezza di usare il colore come strumento per dare a chi guarda la stessa libertà che l’autore ha usato mescolando, apponendo, sovrapponendo tinte che alla fine sono elementi di un coro unisono e non lasciano il campo a prevalenze o favori. La nascita delle opere di Davide De Luca non innesca dubbi: espressione. Diretta, libera, incondizionata e sognante.
A sentirlo, l’artista spiega con semplicità il suo processo creativo: “…mi accorgo di creare una atmosfera eterea, di mondi immaginari…è una ricerca che dura da anni…”. È dunque lo stesso gesto a mettere De Luca nella condizione di farci percepire una operazione artistica scardinata da qualunque regola comune, pur nel rispetto del culto e nella conoscenza approfondita del colore, che per la pittura è necessario. A De Luca interessa osservare le reazioni delle sue mescole di colore, come gli piace quell’invasione continua di un colore rispetto all’altro e così ne trae lo spunto fantastico per chiudere l’opera attorno ad una atmosfera che è percepita da chi osserva rendendoci partecipi di una visione che sembra davvero completarsi nello spazio dei suoi quadri. Il richiamo alla libertà creativa è necessario, poiché senza una libera espressione che sia madre e figlia dell’istinto, le sue opere non nascerebbero.
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Nato in Belgio e dedicatosi alla pittura da giovanissimo, Davide De Luca viene condotto da uno zio collezionista nei musei romani, si appassiona al mondo dell’arte ed alle stesse sensazioni che provava da osservatore, coltivandole perché potessero dare alle sue creazioni una indipendenza assoluta, un carattere proprio e non equivocabile. Dipinge prevalentemente con l’acrilico, e la scelta ha una sua ragione. Quella tecnica permette di usare ed abusare del getto immediato, non vuole la conferma del ritocco, non prevede attese lunghe e perciò diventa incorreggibile, in una condotta espressiva che attinga alla fantasia senza eccessi inutili. E lui stesso spiega con parole asciutte ed efficaci il significato di quella scelta: “…cerco di tirar fuori la bellezza dal colore…”. Tutto chiaro. Il vero protagonista è dunque il colore, con le sue inafferrabili soluzioni che si manifestano proprio mentre il getto si espande includendo il colore confinante o respingendolo, creando una dolce guerriglia risolta con l’armonia del risultato finale. La decisione di creare d’impatto, senza ripensamenti e insieme senza impeti furiosi fa pensare ad una fredda definizione che il grande Gastone Biggi, chiaro fin troppo, dava degli artisti informali: sono come i suicidi. Se ci pensano, non commettono l’insano gesto. Devono agire senza ripensamenti. Crudele ma azzeccato.
Tra gli artisti a cui De Luca deve un interessamento sincero, citeremo il compianto Tonino Caputo, che scrisse per lui la presentazione di una mostra importante dal titolo importante: Apocatastasi. Alla fine degli anni novanta, De Luca concretizza i suoi sforzi creativi in quella mostra che fa scomparire dai suoi quadri le concrezioni di colori fin troppo ammassati, seppur notevoli e ben calibrati, per lasciare spazio ad un maggior respiro e ad una espressione delle tinte stesse, libere di giocare a rincorrersi senza regole in tele grandi o grandissime, di talché lo stesso effetto potesse essere raggiunto, con successo, anche nelle opere di piccola dimensione, riassunti di quei giochi con le tinte e le loro imprevedibilità. Un racconto di aria e colore, uno spirito libero governato dall’interesse per la fantasia ed il libero gesto. Una consolazione, per quelli che dalle opere d’arte intendono trarre godimento, compiacimento, consolazione dettate dal solo fatto di guardarle.
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Da queste righe abbiamo sempre diffidato dall’atteggiamento pigro e ricorrente di chi si lancia in comodi paragoni, ed ancora una volta ribadiamo che la pratica del “…somiglia a…” è da bandire. De Luca non somiglia, perché chi è libero e dà corpo al suo libero esprimersi può aver visto, può aver letto e considerato, ma ha una sua propria autonomia creativa ed è questo il caso, giacché la ricerca dell’artista è nel colore, nel gesto stesso di collocarlo sulla tela ad attenderne quasi le evoluzioni, guidandole con una procedura quasi fanciullesca, nello stupore di vedere riuscita l’idea di dare un’idea tra le mille combinazioni possibili, con l’intento, primario ed insopprimibile di creare, di fare pittura e non subirla. Di più diciamo che quelle combinazioni, quelle attiguità e quelle difformità cromatiche non sono, ci mancherebbe, casuali. È dalla osservazione, ripetuta ed analizzata mille e mille volte, delle dissoluzioni dei colori, del calcolo delle reazioni chimiche che arriva ciò che nelle sue tele diventa espressione di un informale da certificare come assolutamente libero. Dopotutto si dice “libero come l’aria”. Potremmo aggiungere che il vento lieve dei colori di De Luca arriva agli spiriti indipendenti prima e meglio di quanto possa giungere all’osservatore distratto o allineato. Ce lo dice l’immediato successo che le sue tele hanno riscontrato già dalle prime apparizioni televisive a Laboratorio Acca, dove è arrivato in una squadra collaudata di artisti aggiungendo la verve del fantasista ed una passione pura per il colore e le sue innumerevoli capriole.